Il passaggio a Proof-of-Stake è un traguardo storico per il mondo DeFi.

Dopo anni di sviluppo, numerosi rinvii e molte speranze infrante, la piattaforma Ethereum è finalmente riuscita a passare da Proof-of-Work a Proof-of-Stake.
Criptovalute: da Bitcoin ad Ethereum
Nel 2008, Bitcoin ha introdotto al mondo in modo convincente l’idea di usare la blockchain, un unico registro immutabile di transazioni che i computer di tutto il mondo potevano vedere e aggiornare, per scambiarsi valore senza doversi appoggiare a intermediari.
Ethereum, nato nel 2015 prendendo ispirazione dal protocollo Bitcoin e condividendo la Proof-of-Work come metodo di sicurezza per il network, ha successivamente dato vita alla possibilità di creare degli smart contract. Questi ultimi hanno portato alla nascita del fenomeno DeFi, ad oggi in continua espansione e degli NFT.
Oggi, con il passaggio da Proof-of-Work a Proof-of-Stake, Ethereum segna chiaramente un ulteriore passo verso una maggiore divergenza dal protocollo Bitcoin.
La spinta ambientale: il motivo del cambiamento
Con l’aggiornamento del protocollo, la convalida dei nuovi blocchi di transazioni e la sicurezza del network non saranno più ottenuti attraverso la competizione dei miner nella risoluzione di un problema matematico, bensì saranno a carico dei “validatori”.
Questo ruolo potrà essere assunto mettendo in staking sulla rete Ethereum un minimo di 32 Ether. Questi ultimi, per il lasso di tempo in cui saranno in staking, non potranno essere né comprati né venduti.
Gli ETH in staking agiranno quindi come biglietti della lotteria: più ETH in staking ha un validatore, più probabilità avrà di essere designato per validare un “blocco” di transazioni sulla blockchain di Ethereum e riceverne poi la ricompensa.
Tim Beiko, uno sviluppatore della fondazione Ethereum, spiega così le differenze tra i due protocolli:
“Proof-of-work è un meccanismo attraverso il quale si prendono le risorse fisiche (energia, ndr) e si convertono in sicurezza per la rete. Se vuoi che la tua rete sia più sicura, hai bisogno di più risorse fisiche. con Proof-of-stake, quello che facciamo è utilizzare le risorse finanziarie (Ether, ndr) per convertire in sicurezza.
Proof-of-stake è come l’esecuzione di un’app sul tuo MacBook. È come eseguire Slack. È come eseguire Google Chrome o l’esecuzione di Netflix. Ovviamente, il tuo MacBook si collega al muro e utilizza l’elettricità per funzionare. Ma nessuno pensa all’impatto ambientale dell’esecuzione di Slack, giusto?”
La spinta ad una maggiore attenzione ambientale sembra sia stata dunque una delle motivazioni per lo sviluppo di questa nuova soluzione tecnologica con lo scopo di sostituire la più energivora Proof-of-work. Ethereum dovrebbe ora infatti consumare all’incirca il 99,9% meno di energia.
L’aggiornamento, che termina la dipendenza del network sul processo di mining ad alta intensità, è stato strettamente sorvegliato da investitori di crittografia, appassionati e scettici per l’impatto che si prevede possa avere sul più ampio settore blockchain.
La decentralizzazione e le aspettative sul prezzo
Rimangono tuttavia delle incertezze a causa della potenziale riduzione di decentralizzazione dei convalidatori.
Si pensi ad esempio che Lido, un validatore di community sulla rete Ethereum, controlla il 30% degli Ether in staking sulla rete. Binance, Kraken e Coinbase controllano un altro 30% degli Ether in staking su tutta la rete Ethereum.
Al momento in cui si scrive il prezzo di Ether non ha fatto registrare nessun grosso movimento. Data l’importanza e la delicatezza del momento, oltre che della notizia, è probabile che anche l’ecosistema Ethereum e il mercato in generale siano ancora in fase di assestamento e valutazione dell’upgrade.
In conclusione, il passaggio a Proof-of-Stake è sicuramente un traguardo storico per il mondo blockchain e DeFi. Tuttavia, bisognerà aspettare del tempo affinché il network, in questa sua nuova configurazione, possa definirsi stabili e resistente ad attacchi malevoli.