Gli effetti della crisi militare sui portafogli finanziari devono essere valutati con attenzione.

Nelle ultime settimane si sta assistendo a una situazione critica a causa del conflitto tra Russia e Ucraina legato al possibile ingresso di Kiev nella Nato.
Questo scenario porterebbe all’assenza di Stati cuscinetto a protezione di Mosca, situazione che il presidente russo Vladimir Putin non potrebbe tollerare.
Per questo motivo dopo aver riconosciuto come indipendenti due regioni separatiste nell’Ucraina orientale Donetsk e Luhansk, hanno dato il via a un conflitto armato.
Oltre alla gravissima situazione globale, come potrebbe incidere nei mercati questa guerra tra le due nazioni?
Gli effetti della guerra Russa-Ucraina sui mercati finanziari
L’avanzata russa in Ucraina ha travolto i mercati finanziari, i prezzi dell’oro sono saliti come non si vedeva da tempo, precisamente da 13 anni, a causa dell’aumento della domanda dei beni più importanti dato il probabile inizio della guerra e secondo gli analisti, dall’ovvio aumento dei prezzi del petrolio.
Dall’attacco sferrato dall’esercito di Putin nella mattina del 24 febbraio, tutti gli indici europei sono andati in rosso, con vertiginosi cali tra il 3% e il 4%, con il FTSE MIB arrivato al -2,54% limitando inizialmente le perdite, poiché i titoli non sono riusciti a fare prezzo in apertura.
Non solo Europa, gravi le condizioni del bilancio in Asia: Tokyo chiude in con -1,8%, Shanghai in flessione del 2% e Sydney che chiude in ribasso del 3%.
Colpiti duramente negli ultimi giorni anche i future di Wall Street, che stanno perdendo circa il 19%.
Nonostante i dati molto negativi, il peso dei titoli azionari russi negli strumenti di investimento dei mercati emergenti e globali è relativamente basso. Per questo motivo, attualmente, non ci sono ragioni per disinvestire.
Balzo dei prezzi del gas e crollo della Borsa di Mosca
Pessime notizie arrivano dal prezzo del gas, il contratto future di marzo, accordo legale tra due parti per la negoziazione di un asset a un prezzo predefinito, sulla piattaforma Ttf, (borsa del gas naturale del mercato dei Paesi Bassi), è salito del 34% a 119 euro al megawattora, per poi abbassarsi a 112 euro.
È bene infatti ricordare che l’Europa dipende in gran parte dal gas naturale russo, come dimostra l’importazione del 41% dei suoi consumi.
L’Italia, secondo i dati del ministero della Transizione ecologica, nel 2020 importava il 41,1% di gas naturale dalla Russia, il 22,8% dall’Algeria e circa il 10% da Norvegia e Qatar.
Non servono molti calcoli per capire che se Putin decidesse di chiudere i rubinetti, si avrebbero effetti indesiderati nell’intera filiera economica e ripercussioni evidenti nella vita dei cittadini.
Da sottolineare però che neanche durante la Guerra fredda, l’Unione Sovietica ha chiuso le esportazioni di gas. Addirittura, nel 2009, nell’apice della disputa tra Ucraina e Russia, solo il gas che scorreva all’interno di quel Paese è stato interrotto e in maniera del tutto temporanea.
Grave crollo anche per la Borsa di Mosca, con il rublo che perde il 45%, ottenendo il record di calo peggiore della sua storia.
La Banca Centrale Russa ha dichiarato però pubblicamente, l’avvio di interventi sul mercato dei cambi per cercare di mettere un freno a questo trend negativo dopo l’evidente caduta del rublo e fornire liquidità al settore bancario.
Attualmente, è garantito il mantenimento della stabilità finanziaria e la continuità delle operazioni delle istituzioni finanziarie.
Come la guerra può influenzare il mercato?
È vero che le tensioni dovute alla guerra provocano crolli improvvisi nei mercati, di varia entità e profondità ma di solito la ripresa è solida e prevedibile.
Generalmente, la volatilità aumenta quando si parla della possibilità di una guerra ma allo stesso tempo durante il vero conflitto in sé, il mercato tende a stabilizzarsi o addirittura a seguire un trend positivo. Basti pensare che durante le due guerre mondiali, il mercato azionario è cresciuto del 115%.
Finché questo scenario rimane intatto, con protagonista solo il territorio ucraino, la situazione dovrebbe rimanere “normale”: le probabilità che si possa arrivare all’innalzamento dei prezzi è molto alta, ma in realtà questo è già successo nell’ultimo periodo a causa dell’inflazione.
Da segnalare, inoltre, che lo scenario di instabilità dovuto alla guerra potrebbe costringere le principali Banche Centrali come FED e BCE a rivedere i loro programmi di normalizzazione delle politiche monetarie, fattore che in questi primi due mesi dell’anno ha penalizzato i listini azionari ed in particolar modo la componente “Growth” più esposta all’effetto tassi.
In base alle previsioni, il conflitto armato potrebbe diventare un’opportunità di acquisto tramite la speculazione, guadagno ottenuto in base alla differenza tra i prezzi attuali e quelli futuri previsti.
Questo genere di guerra, quindi, non è per forza un fattore negativo per i portafogli, poiché dopo ogni flessione del mercato, la gestione arriva tramite l’acquisto a basso prezzo.