Le Small Cap hanno un potenziale di crescita significativo, ma sono generalmente meno stabili rispetto alle azioni delle Mid e Large Cap. Ecco cosa sapere.
Small Cap: di cosa parliamo
Le aziende classificate come Small Cap sono società di dimensioni inferiori alle più grandi di listino, quotate in Borsa, con bassa capitalizzazione, un valore di mercato ridotto e minore liquidità.
Negli USA rientrano in questa categoria società con capitalizzazione compresa tra circa 300 milioni di dollari e 2 miliardi di dollari. Quelle con una capitalizzazione inferiore vengono invece definite Micro Cap e Nano Cap.
L’indice S&P SmallCap 600 è l’indice del mercato azionario istituito da Standard & Poor’s che copre la gamma delle azioni americane a bassa capitalizzazione.
Molto conosciuto è anche l’indice Russell 2000, che copre i 2 mila titoli più piccoli dell’indice Russell 3000, avviato dalla Frank Russell Company nel 1984 e utilizzato negli Stati Uniti come riferimento per società a piccola capitalizzazione e fondi di investimento.
La differenza rispetto all’S&P 500, dove sono quotate le società a grande capitalizzazione, è anche nella diversificazione della composizione. Nell’S&P 500, le prime cinque società occupano il 25% dell’intero indice. Mentre nel Russel 2000 la prima posizione occupa solo lo 0,5% del totale. Quindi è molto più diversificato e non sbilanciato su poche grandi aziende.
In Italia, il range della capitalizzazione per le Small Cap va dai 50 ai 250 milioni di euro e l’indice borsistico relativo è il Ftse Italia Small Cap. I titoli di queste imprese vengono negoziati sull’Aim, Alternative Investment Market Italia, che è il segmento della Borsa dedicato alle piccole e medie imprese con alto potenziale di crescita.
Small Cap e Big Cap a confronto: i pro e i contro
Le aziende Small Cap possono avere quotazioni meno care rispetto alle Big. Di solito tendono ad avere un potenziale di crescita significativo, ma sono anche generalmente meno stabili rispetto alle azioni delle Mid e Large Cap.
Nel breve periodo, i prezzi dei titoli azionari a bassa capitalizzazione tendono infatti a essere più volatili di quelli delle società più grandi. Nel lungo periodo è invece possibile che le azioni a piccola capitalizzazione abbiano performance maggiori e più veloci rispetto a quelle a grande capitalizzazione, che hanno rivelato un minore margine di crescita. Negli ultimi 12 mesi, ad esempio, il Russell 2000 ha fatto +42%, contro il +29% del Nasdaq.
Se storicamente l’S&P 500 ha sempre avuto un Price to Earnings, cioè un rapporto tra prezzo e utili, più basso rispetto all’S&P 600, nel corso degli ultimi anni questo trend si è invertito. Gli investitori, quindi, preferiscono pagare più caro un asset che probabilmente crescerà di meno. È vero però che le aziende a grande capitalizzazione hanno spesso margini di profitto e una forza finanziaria maggiore, una migliore capacità di accesso al credito e sono meno esposte alle crisi economiche.
Cos’altro puoi imparare sulla finanza?
Tanto! Abbiamo pensato di mettere in gioco la nostra esperienza per raccontarti i concetti base in modo semplice, diretto e con esempi concreti. Iscriviti al nostro canale YouTube e segui tutti gli aggiornamenti. Un clic che vale l’investimento.