Tutto ciò che bisogna sapere sulla tassazione delle criptovalute.

Nel mondo una delle poche certezze, come ci ricorda Benjamin Franklin, sono le tasse e purtroppo il mondo DeFi e quindi tutte le criptovalute, non sono esenti da questo onere.
Ma come funziona nello specifico? La tassazione crypto, in particolare quella Bitcoin, è differente?
Tassazione Crypto in Italia: come funziona
Prendiamo ad esempio il Bitcoin (BTC). Bitcoin è la criptovaluta più popolare al mondo ed è stata ideata per essere una vera e propria valuta fin dal White Paper uscito nel 2008, consentendo il suo utilizzo anche per le transazioni quotidiane.
Le operazioni che coinvolgono la valuta digitale Bitcoin vengono elaborate, verificate e memorizzate all’interno di un libro mastro digitale, chiamato “Blockchain”.
Diversamente dal denaro fiat, cioè la moneta legale come il dollaro o l’euro, le criptovalute non sono del tutto regolamentate da stati sovrani o istituzioni internazionali. Tuttavia, la possibilità di essere scambiate sul mercato con una liquidità elevata e molto probabilmente la facilità di “categorizzazione”, ha fatto sì che — almeno in termini fiscali — le crypto siano equiparate alla stregua di vere e proprie “valute estere” o “divise estere”.
E chi si occupa di fiscalità in Italia? L’agenzia delle entrate.
Tassazione crypto, che ne pensa l’agenzia delle entrate?
L’Agenzia delle Entrate ha affermato ufficialmente, per la prima volta, la necessità di indicare nel quadro RW le criptovalute possedute nel 2018.
Nella dichiarazione sono importanti i due seguenti quadri: RW ed RT.
Mentre il quadro RW è finalizzato alla mera dichiarazione del possesso di criptovalute e valute estere, il secondo ha invece l’obiettivo di portare al calcolo effettivo di quanto sarà necessario versare all’erario, cioè all’agenzia delle entrate.
Gli oneri dichiarativi sono stati inoltre recentemente ridotti a seguito nella risposta n. 433 del 24/08/2022 fornita dall’agenzia dell’entrate in cui si legge:
“… tenuto conto che il contribuente detiene il wallet presso una Società italiana non è tenuto agli obblighi di monitoraggio fiscale, né tanto meno al pagamento dell’IVAFE.”
Quadro RT: la tassazione plusvalenze crypto nella pratica
Passando invece all’argomento di maggior criticità, cioè l’effettivo calcolo di quanto si debba pagare, c’è una buona notizia per chi non ha impiegato, nell’acquisto di criptovalute, importi elevati: non ci sono tasse…o quasi!
L’Agenzia delle Entrate, come abbiamo già detto, riconduce le valute virtuali alle valute estere tradizionali. Tuttavia, non tutte le plusvalenze su valute estere sono imponibili. In particolare, non sono imponibili le plusvalenze, né deducibili le minusvalenze, effettuate da contribuenti che possiedono una giacenza complessiva non superiore a euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta in cui la plusvalenza è stata realizzata.
Quindi solo nel caso in cui il soggetto registri per almeno sette giorni lavorativi consecutivi una giacenza media di euro 51.645,69 la plusvalenza generata nell’anno è da considerarsi tassabile, per qualunque importo.
Tuttavia, diversa è la storia per chi invece non ha acquistato effettivamente criptovalute “reali” ma dei titoli derivati. Infatti, sono sempre imponibili i proventi da operatività in futures e CFD.
Tuttavia, è già in corso un nuovo disegno di legge che modificherebbe le disposizioni fiscali in materia di crypto, tra cui:
- le crypto sarebbero una nuova asset class con aliquota 26%;
- irrilevanza fiscale delle operazioni crypto-to-crypto;
- tassazione dei proventi da detenzione di cripto-attività (staking, yield-farming, ecc.);
- possibilità di regolarizzazione del passato.
Bisognerà, quindi, aspettare gli aggiornamenti delle prossime settimane per capire cosa succederà!