Le criptovalute? Non solo Bitcoin. Ecco come funzionano gli scambi e quali sono le differenze con le CBDC e le Stablecoin.
Cosa sono le criptovalute
Il termine “criptovaluta” è composto da due parole: cripto e valuta. Si tratta, letteralmente, di una valuta nascosta, visibile e utilizzabile solo conoscendo le chiavi di accesso. In pratica, sono delle rappresentazioni digitali di valore, prive di un corrispettivo fisico, che basano il proprio funzionamento (dall’emissione alle transazioni) su un protocollo informatico e su una rete decentralizzata.
Le criptovalute non esistono in forma fisica (anche per questo vengono definite “virtuale”), ma si generano e si scambiano esclusivamente per via telematica. Possono essere vendute e acquistate a scopo di investimento o utilizzate come mezzo di pagamento.
Chi ha inventato le criptovalute
Satoshi Nakamoto viene considerato come l’inventore del sistema delle criptovalute. In realtà non si sa se sia un nome d’arte o reale, una persona o un gruppo di informatici. Il 31 ottobre 2008 pubblicò il white paper “Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System”. Il documento pose le basi per creare “una versione peer-to-peer di denaro elettronico che permetterebbe di spedire direttamente pagamenti online da un’entità a un’altra senza passare tramite un’istituzione finanziaria”. Nasceva così la prima criptovaluta. Da allora, ne sono nate diverse, anche con caratteristiche differenti dai Bitcoin.
Disintermediazione e peer-to-peer
Le criptovalute nascono per evitare che le transazioni debbano essere certificate da un’istituzione finanziaria. Laddove ci sia consenso tra i partecipanti alla relativa transazione, può essere scambiata infatti modalità peer-to-peer (ovvero tra due dispositivi direttamente, senza necessità di intermediari) per acquistare beni e servizi. Il sistema peer-to-peer pone in rapporto diretto e “alla pari” chi vende e chi compra, senza certificazioni da parte delle istituzioni finanziarie come le Banche Centrali.
Cosa significa il termine mining
Uno dei termini cardine nel mondo delle criptovalute è “mining” che, nell’industria mineraria, significa letteralmente “estrarre”. Le criptovalute non vengono infatti stampate da una banca centrale ma, come l’oro, devono essere estratte. Al posto del piccone ci sono complessi calcoli algoritmici il cui obiettivo è “chiudere un blocco”. Ogni blocco custodisce dati resi sicuri dalla crittografia che, saldandosi con quelli chiusi in precedenza, valida tutte le transazioni fatte fino a quel momento. Il mining è dunque l’attività che porta alla generazione di nuove unità della criptovaluta.
Che relazione c’è tra Blockchain e criptovalute
A certificare le criptovalute è dunque la tecnologia. E l’impalcatura alla base del funzionamento di queste monete virtuali è la Blockchain, ovvero il “libro mastro” che, con un sistema di nodi e blocchi, crea un registro pubblico condiviso che tiene traccia delle transazioni in modo sicuro e non modificabile. La rete funziona così in modo decentrato (attraverso i cosiddetti “nodi”), senza un’autorità che validi le transazioni.
Cos’è e a cosa serve un portafoglio digitale (E-Wallet)
Tutti possono comprare e vendere criptovalute. Basta avere un “e-wallet”, ovvero un portafoglio digitale che contiene pezzi di codice informatico (le cosiddette “chiavi”) capaci di ricondurre una valuta virtuale a uno e un solo proprietario. Le operazioni di acquisto tramite denaro, scambio e vendita avvengono su piattaforme dedicate, dette “Exchange”.
Volatilità e deregolamentazione delle criptovalute
Una delle caratteristiche delle criptovalute è l’elevata volatilità del prezzo. Per cui rappresentano un investimento rischioso, anche a causa della deregolamentazione del mercato. La Consob sottolinea infatti che “l’assenza di un quadro giuridico preciso determina l’impossibilità di attuare un’efficace tutela legale e/o contrattuale degli interessi degli utenti”.
Come sottolinea ancora la Consob, proprio l’elevata volatilità non consente di assolvere alla funzione di unità di conto. I prezzi oscillano troppo e troppo in fretta per poter prezzare beni e servizi. A oggi, le criptovalute non sono riuscite neanche a imporsi come mezzo di pagamento. Con le più diffuse, come Bitcoin ed Ethereum, si possono comprare anche beni e servizi, ma – non avendo corso legale – la loro accettazione è su base volontaria.
Futuro delle criptovalute: dalle CBDC alle Stablecoin
Non sono propriamente criptovalute, invece, le valute virtuali che, pur utilizzando la Blockchain, fanno capo a un’entità centrale, come un’azienda o un’istituzione.
La Banche Centrali, comprese BCE e Fed, stanno lavorando a una propria moneta digitale, che però è ben diversa da una criptovaluta in quanto queste monete saranno versioni digitali di euro e dollaro. In questi casi si parla infatti di CBDC, Central Bank Digital Currency.
Un’altra particolare tipologia di valuta virtuale è quella che, pur esistendo solo in formato digitale, si ancora a una valuta tradizionale, una materia prima o un paniere di asset. In questo caso parliamo di Stablecoin. Si tratta di monete, come è evidente dal nome, che hanno l’obiettivo di essere più stabili possibili per limitare l’elevata volatilità delle criptovalute.
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