Il Congresso dovrà agire tempestivamente per aumentare o sospendere il limite del debito.
Gli USA, dopo un periodo complicato a causa del fallimento di alcuni istituti finanziari , potrebbero trovarsi in una fase di rallentamento economico con un deficit di bilancio significativo che dovrebbe ridurre i margini alla politica fiscale, diventando uno dei principali problemi dell’economia americana. Ma cosa sta succedendo con esattezza?
Che succede al debito pubblico in USA
Lo scenario degli ultimi mesi ci ha presentato una serie di sfide tra cui un’inflazione che appare sì in fase di rientro ma che resta su livelli elevati e una politica monetaria che rimane ancora restrittiva.
L’intensità dei rialzi dei tassi ha prodotto una fuga dai depositi, alla ricerca di strumenti monetari più remunerativi, innescando una crisi del settore bancario soprattutto sul segmento delle banche regionali americane, con il fallimento di quattro istituti finanziari (Silvergate Bank, Signature Bank, Silicon Valley Bank e First Republic Bank) che poi hanno provocato una forte tensione su tutto il comparto a livello globale.
Un elemento di ulteriore complessità che si potrebbe aggiungere a tale scenario nei prossimi mesi riguarda lo sforamento del tetto del debito pubblico degli Stati Uniti e la connessa spesa per interessi, acuita dall’aumento dei tassi da parte della FED.
Proprio in questi giorni in America si sta infatti giocando un’importante partita, quella di salvaguardia del debito pubblico.
Entro poche settimane Washington dovrà alzare il tetto al debito federale, il debt ceiling, cioè il limite legale all’ammontare complessivo di debito che il governo degli Stati Uniti può accumulare per non cadere nel rischio di insolvenza e bloccare interi capitoli di spesa causando un parziale blocco delle attività che potrebbe comportare anche a una sospensione dei pagamenti degli stipendi pubblici.
Quello del raggiungimento del cosiddetto “debt ceiling” è po’ una costante dei conti pubblici americani, visto che il limite massimo del debito è stato superato innumerevoli volte.
In questi ultimi tre anni, infatti, i conti pubblici sono finiti sotto stress come non mai, a causa dei due anni di pandemia e di una serie di sussidi sotto il cappello dell’Inflation Reduction Act.
Secondo l’ufficio Budget del Congresso, il deficit del bilancio federale per il 2023 è salito a 1.400 miliardi, pari al 5,3% del Pil.
Non è finita. Lo scorso gennaio gli Stati Uniti hanno raggiunto il tetto del debito federale, fissato dal Congresso a circa 31.400 miliardi di dollari. Nel frattempo, il dipartimento del Tesoro, in questi ultimi mesi, ha spesso fatto ricorso a misure straordinarie per evitare il default e continuare a finanziare le attività governative.
Ma l’uso di queste misure extra è possibile solo per un tempo limitato e le risorse saranno sufficienti, probabilmente, fino all’inizio di giugno o ai primi giorni di luglio. Questa situazione lascia poco tempo a repubblicani e democratici per trovare un accordo con l’obiettivo di alzare il limite del debito. Non sarà facile, data la composizione del Congresso, con la Camera dei rappresentanti a maggioranza repubblicana, la quale ha dichiarato che darà il benestare all’innalzamento del tetto in cambio di un taglio alla spesa quindi a un ridimensionamento dei piani della Casa Bianca.
Tensioni e incertezze che potrebbero avvicinarsi o addirittura superare i livelli del 2011, che all’epoca indussero lo Standard & Poor (società statunitense di rating dei titoli di società internazionali) a un downgrade dei titoli di Stato Usa dal livello massimo AAA a quello immediatamente precedente, AA. Si tratta di un rischio di coda. Lo scenario più plausibile, infatti, resta quello di un Congresso che alla fine raggiungerà un accordo perché se da un lato i repubblicani non vogliono essere incolpati a causa di un possibile default, dall’altro i democratici non vogliono che la questione sia rinviata a un anno elettorale.
La situazione dei mercati e le prospettive future
Negli ultimi due mesi i mercati sono rimasti sospesi in una specie di “limbo” tra timori sulla crescita e la fine dei rialzi dei tassi. Nel frattempo, gli utili aziendali si sono dimostrati resilienti, prospettando un rallentamento meno pronunciato.
Da una parte ci sono timori legati al peggioramento delle condizioni finanziarie e della liquidità: una Federal Reserve più restrittiva potrebbe aggiungere tensioni sul settore bancario statunitense.
D’altra parte, ci sono speranze di una ripresa del bull market. Infatti, la fiducia degli imprenditori è ancora discreta e le banche centrali sono vicine alla fine del ciclo dei rialzi portando di conseguenza a delle “pause” che potrebbero sostenere i mercati.
Ci sono tante forze in movimento e lo scenario di breve è tutt’altro che prevedibile. Non ci resta che attendere e ricordare che è proprio in situazioni di “limbo” che risiede il maggior rischio. Conviene quindi mantenere portafogli prudenti con una forte attenzione alla qualità e tenere l’attenzione sulla selezione, focalizzando le scelte su segmenti resilienti.