Mercati finanziari in rimonta: superate incertezze e crisi?

In questi ultimi mesi moltissimi eventi in sequenza hanno destato timore ma, per fortuna, i mercati hanno saputo reagire bene.

Dopo un 2022 da dimenticare per i mercati finanziari, alle prese con il violento movimento sul fronte tassi, il primo trimestre del nuovo anno ha visto i principali listini registrare un forte recupero, nonostante uno scenario economico ancora incerto e recenti tensioni sul comparto bancario, nate oltreoceano e culminate in Europa con l’epilogo di Credit Suisse.

Ad eccezione della spinta positiva proveniente dalla Cina, a seguito dell’abbandono della zero Covid policy, i dati macroeconomici contrastanti su crescita, mercato del lavoro e inflazione rendono sicuramente la buona intonazione dei mercati nella prima parte del 2023 di difficile lettura.

Mercati: gli sviluppi della scossa data da SVB e Credit Suisse

Le Banche Centrali continuano a essere decise nel proseguire con una politica monetaria restrittiva, alimentando i timori di uno scenario recessivo che, seppur incerto nella sua entità, potrebbe costringere prime tra tutte la FED a fare un passo indietro nel corso dell’anno.

Tale aspettativa ha trovato terreno fertile negli avvenimenti del mese di marzo, quando alcune banche regionali americane, dopo anni di tassi ai minimi, si sono scontrate con uno scenario radicalmente differente e hanno dovuto far fronte ad un’improvvisa crisi di liquidità, che ha portato al fallimento Silicon Valley Bank, generando il più grande crack di un istituto di credito dalla crisi del 2008.

Quello che potremmo definire il primo social bank run della storia, per via del ruolo centrale che i social network hanno avuto in questa corsa agli sportelli virtuale, ha determinato una crisi di fiducia che non ha tardato a bussare alle porte dell’Europa, accendendo i timori su un possibile “rischio contagio” su più larga scala.

In questo caso, la vittima d’eccellenza è stata Credit Suisse, già da tempo protagonista di alcuni scandali e risultati negativi, su cui sono bastate alcune dichiarazioni poco costruttive da parte dell’azionista di maggioranza per scatenare una pioggia di vendite su titoli ed obbligazioni dell’istituto elvetico.

Un deal lampo supportato dalla banca nazionale svizzera ha visto poi UBS acquisire lo storico competitor per soli 3bln di franchi, oltre a determinare tra gli altri punti dell’accordo, la cancellazione di circa 16 miliardi di debito subordinato dell’ex colosso elvetico.

Il risultato è stato un picco di volatilità nel mondo del credito legato a titoli finanziari, con i flussi in acquisto che si sono interamente riversati sulla parte più sicura del comparto obbligazionario, come le obbligazioni governative dell’area euro a breve scadenza.

Lo shock del comparto finanziario non ha però fermato il cammino di FED e BCE, che nella riunione di marzo hanno rispettato la tabella di marcia di stretta monetaria. L’obiettivo resta infatti la lotta all’inflazione che, al netto di qualche segnale incoraggiante principalmente dovuto alla componente energetica, mostra ancora una certa persistenza nella parte meno volatile, cd “core” che con tutta probabilità porterà ad un ulteriore rialzo dei tassi nel prossimo meeting di maggio.

Rendimenti dei portafogli e prospettive future

Lenin diceva che «ci sono decenni in cui non accade nulla e settimane in cui accadono decenni». Certamente marzo è sembrato ricadere in questa seconda categoria ma per fortuna la reazione dei mercati si è dimostrata molto composta, proseguendo nel movimento di recupero dello scorso anno.

In pratica, ad eccezione del dollaro che ha continuato a perdere terreno, quasi tutte le asset class hanno chiuso il trimestre in progresso dall’inizio dell’anno.

Nonostante la volatilità, i portafogli hanno chiuso positivamente, consolidando il recupero iniziato nella parte finale del 2022.

Tutte le macro-componenti hanno contribuito positivamente anche se è giusto segnalare che alcuni temi hanno faticato a tener testa agli indici globali soprattutto nelle fasi di rialzo.

In questo contesto, malgrado un peggioramento delle condizioni finanziarie e l’incognita recessione sullo sfondo, il mercato del credito di qualità, come nel caso dei bond governativi a breve dell’area euro e del segmento corporate investment grade, resta un punto di riferimento in ottica di allocation.

Anche il debito degli emergenti in questa fase di volatilità si è dimostrato piuttosto resiliente.

L’azionario invece, nonostante la buona reazione alle fasi di avversione al rischio mostrata anche dopo le vicissitudini del mondo bancario, resta subordinato alla dinamica dei tassi e a rischi recessivi che potrebbero guidare una revisione degli utili. Tatticamente più interessanti, invece, gli emerging markets che appaiono in relativo il modo più efficiente per giocarsi la riapertura della Cina.

Sul fronte delle valute il Dollaro dovrebbe avere meno possibilità di dare buoni ritorni nel breve periodo e i metalli preziosi, oro in primis, dovrebbero essere una fonte di diversificazione e di protezione da ulteriori fasi di incertezza.

In conclusione, la buona intonazione dei mercati del primo trimestre è stata certamente benvenuta. Tuttavia, ci si avvicina a una fase dell’anno tipicamente sfidante per l’azionario.

Eventuali occasioni consentiranno di assumere un approccio più costruttivo una volta superate le incertezze che ancora permangono.

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