L’emergenza Covid-19 continua tra la comparsa delle varianti, campagne vaccinali a rilento e la necessità dell’intervento di figure quali Yellen e Draghi.

Tra varianti del virus e nuove restrizioni, l’emergenza Covid-19 non molla la presa. Con inevitabili ulteriori ricadute economiche, che rendono centrale l’azione dei governi dei Paesi occidentali, soprattutto sul fronte della politica fiscale.
La discesa in campo di figure credibili, come Janet Yellen al Tesoro negli Stati Uniti e Mario Draghi alla guida del governo italiano, è messa alla prova ora dalla necessità di decisioni immediate sui pacchetti di stimolo da attuare in tempi brevi. Mentre la campagna vaccinale viaggia a velocità differenti tra l’Europa, gli Stati Uniti e la Cina.
Uno scenario inedito per le scelte di investimento
Negli scorsi due decenni, per prendere decisioni corrette di investimento sarebbe bastato sapere che cosa avrebbero fatto le Banche Centrali, in particolare la Federal Reserve e le autorità cinesi. Comprendere e anticipare questi policy maker sarebbe stato sufficiente per ottenere risultati positivi dai propri investimenti finanziari: fare “front running”, insomma, avrebbe garantito ritorni significativi.
I limiti della politica monetaria e l’emergenza del Covid-19 hanno invece ampliato lo spettro dei dati da conoscere, anticipare o comprendere allo scopo di raggiungere investimenti caratterizzati da un rapporto corretto rischio-rendimento. In particolare sul fronte della politica fiscale.
Fin quando la fine degli effetti del Covid-19 non creerà le condizioni di una ripresa sostenibile, le scelte di politica fiscale determinano la direzione dello scenario. La discesa di figure come Yellen e Draghi è senz’altro un segno che questa consapevolezza si è fatta strada nell’establishment occidentale. Ma restano cruciali le decisioni sui pacchetti di stimolo e la tempestività con la quale verranno implementati.
Se si vuole allora anticipare l’effetto delle politiche fiscali è opportuno posizionare i portafogli sulle tematiche dove dovrebbero insistere le risposte: infrastrutture, sostenibilità ambientale, accesso alla tecnologia e all’educazione. Per contro, cresce l’importanza delle riforme che mirano all’aumento di produttività e al contenimento delle posizioni monopolistiche nei settori cruciali, nello scacchiere globale post-Covid.
L’orizzonte americano
Negli Stati Uniti, il pacchetto fiscale di Biden punterà in larga parte al sostegno dei redditi e la campagna vaccinale dovrebbe riportare gli americani a consumare, facendo intravedere la possibilità di una crescita esplosiva nel secondo semestre del 2021.
L’adozione di un piano importante è sicuramente un presupposto perché gli Stati Uniti possano ritrovare un percorso di crescita virtuoso. Tuttavia, gli effetti secondari di questa politica fiscale sono numerosi, qualora non dovesse andare a segno rispetto agli obiettivi. Ed è poi evidente che per sostenere l’espansione del debito pubblico, la politica monetaria dovrà rimanere massimamente espansiva creando le condizioni di una ripresa dell’inflazione e probabilmente di una debolezza relativa del dollaro, almeno verso le valute più virtuose.
Pertanto la ricerca di investimenti che tengano conto di possibili rialzi di inflazione passano principalmente nella selezione dei temi e dei settori azionari. In particolare, un rialzo dell’inflazione che avvenisse in concomitanza con l’aspettativa di un’accelerazione del ciclo economico favorirebbe certamente quei settori che hanno avuto performance più basse, sia i temi di crescita tout-court sia i classici difensivi: ciclici, banche e basic resources. La via più semplice è quindi la rotazione settoriale a favore di small/mid caps, banche, ciclici e strategie sui dividendi.
Biden inoltre cercherà di massimizzare le iniziative che non richiedono maggioranze qualificate e ricorrerà al meccanismo del «budget reconciliation» per procedere con le riforme più importanti. Prima di percorrere riforme fiscali redistributive, spingerà l’acceleratore su infrastrutture e energie alternative attraverso incentivi alle rinnovabili, alla mobilità elettrica e al risparmio energetico. Visto il deficit verso la Cina, il settore delle infrastrutture può offrire opportunità interessanti per la combinazione di tassi bassi, spesa governativa e potenziali spinte inflazionistiche.

L’orizzonte italiano
In Italia, invece, dopo aver ottenuto la maggioranza in Parlamento, il governo Draghi è ora operativo. Il cuore del programma è incentrato sulle riforme identificate da tempo dagli organismi internazionali e raccomandate dall’Unione europea: migliorare l’efficienza del sistema giudiziario, riformare il sistema fiscale (meno tasse sul lavoro) e snellire la burocrazia. Visto il ruolo dell’Italia in ogni discussione sull’integrazione europea, il successo di Draghi potrebbe avere impatto ben oltre i confini territoriali, diventando un protagonista credibile nel processo di «risk sharing».
Questa volta, rispetto alla crisi precedente, lo scenario europeo è molto diverso. Con la BCE che di fatto garantisce l’espansione della spesa pubblica e la sospensione dei vincoli del Patto di Stabilità, Draghi ha l’occasione di poter fare le riforme senza chiedere austerità. Certo, è troppo presto per dire se il governo di Draghi sarà in grado di dare risultati e i primi segnali probabilmente arriveranno quando il premier presenterà il suo Recovery Plan alla Commissione europea.
Fino ad allora, il mercato potrebbe continuare a rimuovere progressivamente «premio al rischio» dagli attivi italiani, favorendo un recupero almeno parziale della sottoperformance verso gli altri mercati europei. Small cap, banche e subordinati finanziari offrono opportunità opzionali.
Il dilemma vaccini
La campagna vaccinale sta mostrando crescenti differenze tra i Paesi sviluppati, comportando quindi diversi tempi della ripresa dell’attività economica.
Da questo punto di vista, il Regno Unito, dopo aver mostrato inizialmente una discutibile gestione della pandemia, appare ora nella condizione di acquisire un vantaggio dalla campagna vaccinale. È presto per dire se tale vantaggio si tradurrà in una migliore performance degli attivi locali, tuttavia vale la pena monitorare gli sviluppi.
Per contro, mentre i ritardi dell’Eurozona possono al momento quantificarsi in 4-6 settimane in media, un discorso differente deve farsi per i Paesi emergenti che stanno subendo i ritardi di approvazione dei vaccini tradizionali e i vincoli produttivi dei vaccini cinesi. Queste differenze possono pesare decisamente sulle dinamiche dei settori maggiormente esposti a tali aree, in particolare relativamente a quelle geografie più colpite dalla diffusione del Covid-19, come l’America Latina.
Aumento dell’inflazione: le conseguenze
Davanti a questi scenari, i mercati stanno vivendo una fase di contrasto tra l’evidenza degli ulteriori elementi a supporto di un ritorno alla normalità – nuovo stimolo fiscale, avanzamento della vaccinazione sul Covid-19 e attesa di accelerazione economica – e l’inizio di segnali di risveglio dell’inflazione, che si stanno riverberando in particolare sui rendimenti obbligazionari a lungo termine.
Una crescita migliore spinge i tassi a rialzo nonostante le Banche Centrali abbiano anticipato che tollereranno la risalita dell’inflazione almeno fino alla conclusione definitiva della pandemia.
In condizioni normali l’inflazione è complessivamente positiva per gli attivi rischiosi, ma l’aumento registrato nelle attese come quelle di fine febbraio ha un duplice aspetto negativo.
L’incremento dell’inflazione determina la discesa dei titoli obbligazionari che porta in negativo i portafogli finanziari prudenti e costringe a scelte più orientare alle liquidità o alle azioni. In secondo luogo impatta sulle dinamiche infra-mercato dell’azionario, che possono temporaneamente portare debolezza all’intero listino.
Più in generale, con i settori di crescita che mostrano valutazioni sfidanti, la risalita dei rendimenti può certamente sostenere una maggiore rotazione a favore della componente più ciclica di mercato e verso quelle tematiche «value» che hanno sottoperformato a lungo.