I dati macroeconomici contrastanti non frenano l’esuberanza dei mercati attorno alla rivoluzione AI.
Mentre il recente dato sul Pil dell’Eurozona ha confermato lo status di quella che viene definita “recessione tecnica”, cioè quando il Pil trimestrale è inferiore a quello del trimestre precedente per due volte di seguito, i mercati azionari cercano di guardare avanti e premiano il comparto growth e i titoli tech, notoriamente più sensibili alle decisioni di politica monetaria.
Lo scenario macro dei mercati
A Wall Street è consuetudine dire che, nel lungo periodo, gli investitori pessimisti sembrano quelli “più intelligenti”, ma in realtà sono quelli ottimisti a fare i soldi.
Nell’ultimo mese il mercato americano ha confermato questa narrativa con performance positive, nonostante buona parte degli analisti predicasse prudenza: infatti, i titoli tecnologici hanno riportato il listino a stelle e strisce sui massimi dell’anno.
Nel frattempo, lo scenario macroeconomico ha testimoniato un evidente peggioramento in particolare in Europa e in Cina.
Più contrastati i numeri statunitensi che mostrano un rallentamento: sul fronte della politica monetaria si inizia a intravvedere la fine del ciclo dei rialzi con un’inflazione in calo, sebbene ancora su livelli elevati. L’ondata di euforia del Nasdaq si è diffusa solo in parte al resto dell’azionario e alle altre asset class. Anzi, le obbligazioni e le materie prime hanno mostrato un arretramento, penalizzati dai timori di una recessione imminente.
Ma esattamente cos’è successo?
Il comparto tecnologico e l’euforia sull’intelligenza artificiale
Il Nasdaq, principale indice di riferimento per il comparto, ha messo a segno finora la miglior performance year-to-date tra i listini internazionali, recuperando circa il 30% dai minimi segnati a fine 2022. Qual è il motivo?
Se nel primo trimestre dell’anno, il movimento al rialzo poteva essere attribuito in larga misura alle attese di un cambio di rotta da parte della Federal Reserve, il secondo trimestre del 2023 ha consacrato in maniera evidente un’esuberanza attorno al tema dell’Intelligenza Artificiale, nuova frontiera della tecnologia che, attraverso l’utilizzo di ingenti quantità di dati, mira a creare sistemi o macchine in grado riprodurre alcune delle più complesse capacità umane di pensiero e apprendimento.
Un concetto sicuramente non nuovo agli operatori del settore, ma che, sin dall’annuncio dell’estensione di partnership tra Microsoft e OpenAI, ha suscitato un rinnovato interesse da parte degli investitori, concentrato in particolar modo sui grandi nomi del tech e dell’ecosistema AI.
Nvidia e la nuova era informatica
Tra i principali beneficiari dell’interesse verso l’Artificial Intelligence (AI), c’è sicuramente Nvidia, azienda statunitense leader nella progettazione e sviluppo dei più sofisticati microprocessori e unità di elaborazione grafica, elementi chiave dell’infrastruttura utile allo sviluppo dei sistemi di AI. La recente trimestrale, infatti, oltre ad aver battuto le attese degli analisti sul fronte degli utili, ha confermato il ruolo chiave del colosso di Santa Clara in quella che è stata definita una nuova era informatica. Il risultato, è stata una pioggia di acquisti sul titolo che hanno consentito a Nvidia di entrare nella simbolica élite di società quotate con una capitalizzazione di mercato superiore al trilione $.
Il rally, che si è poi esteso sull’intero comparto tech legato all’AI, ha anche sollevato dubbi sulla sostenibilità delle valutazioni raggiunte da alcuni titoli, che vedono ad esempio nel caso di Nvidia il prezzo per azione su livelli pari a 190 volte gli utili, con parziali analogie che secondo alcuni analisti ricordano gli albori della cosiddetta bolla finanziaria delle Dot-Com degli anni 2000.
L’entusiasmo attorno al tema pare tuttavia giustificato dall’impatto rivoluzionario che l’adozione su larga scala dei sistemi di intelligenza artificiale potrebbe avere sull’intero tessuto economico. Svariati sono infatti i potenziali ambiti di applicazione, dal settore automobilistico a quello energetico, passando per il settore finanziario, fino ai più promettenti sviluppi in ambito medico-scientifico. Un impatto che Goldman Sachs stima nell’ordine di circa 7 trilioni di dollari sul PIL globale e un incremento della produttività di 1,5% all’anno su un intero decennio, sebbene l’altra faccia della medaglia parli anche di circa 300 milioni di posti di lavoro potenzialmente esposti.
Una vera e propria rivoluzione quindi, che, come ci insegna la storia, potrebbe segnare non solo profondi cambiamenti economici e sociali, ma anche spostare gli equilibri sul piano geopolitico, aprendo una nuova partita di risiko internazionale.
Non a caso, mentre la Commissione Europea ha dato il via libera ad un maxipiano di ricerca e sviluppo sui microprocessori, le tensioni tra Cina e Stati Uniti, i due leader nella corsa all’AI, sembrano destinate ad aumentare.
Una guerra commerciale che ha visto, per esempio, azioni mirate e controffensive con limitazioni all’import/export di semiconduttori e un particolare interesse verso l’isola di Taiwan, centro nevralgico per la produzione dei chip su scala globale e sulla quale il rischio di un’escalation militare appare sempre all’ordine del giorno.
Quello dell’intelligenza artificiale, in conclusione, resta un tema che porta dietro di sé opportunità e rischi su più fronti. Tutti fattori che, anche in ottica di investimento, vanno opportunamente considerati al fine di distinguere la linea sottile che separa un’esuberanza irrazionale da un trend solido di lungo periodo.